Descrizione
Con cinica ironia l’artista Marco Tamburro nel suo stile caratteristico recupera, denuncia e declama – quest’ultima senza troppo clamore nell’indifferenza di uno scenario metropolitano – il primo originario sacrificio che alla fine dei conti racchiudeva tutti quelli che sarebbero venuti, come se volendo posizionare un crocefisso in un qualsiasi punto della città, questione di pochi secondi e quella croce subito troverebbe un inquilino, uomo, uno qualunque, pronto ad arrampicarsi o pur sempre qualcuno, che sia uno che siano molti, per mano di uno o per mano di molti, che nolente o volente ce lo faccia salire, prima lì su accendendo su di lui i riflettori e il microfono urlando al sacrificio, e una volta spenti i riflettori lì dimenticarselo.